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Suffragette, la conferenza stampa con Sarah Gavron e Faye Ward

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Suffragette, nuovo film di Sarah Gavron, è stato proiettato oggi – mercoledì 2 marzo – alla Casa del Cinema di Roma, accompagnato da una conferenza stampa dove era presente la regista Sarah Gravon e la produttrice Faye Ward. Ha introdotto il dibattito Laura Delli Colli, moderatrice della conferenza e Presidente del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI). Prima di cominciare la conferenza vera e propria, Laura Delli Colli ha annunciato che Sarah Gavron ha vinto il Premio Internazionale Afrodite, un vero e proprio riferimento per lo spettacolo e la cultura al femminile. Inoltre, la moderatrice ha parlato di una proiezione aperta al pubblico di Suffagette a Montecitorio Domenica 6 Marzo, alla presenza del Presidente della Camera Laura Boldrini, della scrittrice Lorella Zanardo e del produttore Valerio de Paolis. Avverà anche un tour in varie città italiane per presentare il film nelle scuole, un’iniziativa di tutto rispetto per far conoscere ai giovani una parte di storia lasciata fin troppo in oscurità.

Leggi anche: Suffragette, la recensione

suffragette conferenza stampa

CONFERENZA STAMPA SUFFRAGGETTE

Vorrei sapere cosa significa questo film? Quanto in fondo è fragile la democrazia e quanto va difesa? Visto che non è un film su una storia inventata, ma tocca moltissime problematiche e temi della realtà.

Sarah Gravon: La ragione per cui abbiamo fatto questo film in parte è anche perché non c’è stato mai un film in precedenza che parlasse del movimento femminista, donne che hanno cambiato il corso della storia. Poi anche perché il film tratta argomenti attuali, dato che ancora oggi ci sono donne che lottano per ottenere il riconoscimento dei diritti fondamentali. Inoltre, perché 62 milioni di donne non hanno accesso all’istruzione, perché 2/3 della popolazione analfabeta mondiale è rappresentato da donne, perché le donne occupano il 22% dei posti in parlamento, sicuramente il doppio di quelli occupati nel 1995, ma che è ancora molto poco. Ancora perché nel Regno Unito, dove pure sono state tante le battaglie e le proteste, una donna su tre subisce violenza sessuale. Ancora oggi le donne hanno pochissimo accesso ai centri dove si fa ricerca scientifica, ai posti chiave del potere e pochissime donne sono presenti nell’industria cinematografica. Questo film serve anche a ricordare a tutti quanto è stata dura la battaglia per ottenere questi diritti, quanto è fragile la loro tenuta, quanto sia recente la loro acquisizione e per continuare a spronare le persone a parlare, ad esprimere il loro diritto al diritto.

È stato difficile produrre questo film? Sono state incontrate delle difficoltà nella chiusura del film?

Faye Ward: Questo è un film che parla di un tema che non era mai stato trattato in precedenza, né al cinema né in televisione. In televisione c’era stata una serie nel Regno Unito negli anni ’70 chiamata Shoulders to shoulders, che era stata seguita con molto interesse. Quindi sapevamo che stavamo per affrontare un tema che suscitava molto interesse, proprio perché non se ne era mai parlato. Sapevamo anche che volevamo fare un film che dovesse parlare di oggi, che dovesse risuonare oggi, e per tutte queste ragioni abbiamo impiegato cinque anni per sviluppare questo progetto, prima di entrare in fase di produzione. Nel corso di questi cinque anni, oltre a queste ragioni iniziali, abbiamo scoperto tante altre cose. Ad esempio, nell’anno 2004-2005, si sono aperti i primi archivi o file della Polizia e quindi abbiamo ricostruito anche il modo in cui venivano sorvegliate queste donne. Per quanto riguarda le difficoltà, sapevamo di voler fare un film sulle donne, doveva essere però un film viscerale, un film che riflettesse questo movimento politico. Del movimento femminista veniva sottolineato soprattutto l’elemento frivolo, invece noi volevamo dare al nostro film un’impronta mascolina, volevamo far vedere come si era lottato per avere questi diritti, e come le vittime avessero lottato per ottenere voce in capitolo.

Perché alla fine di Suffraggette non c’è nessuna figura maschile che è veramente complice di questo movimento? Perché la scelta di non mettere nessun uomo a favore del futuro di questa rivoluzione?

Sarah Gravon: Era piuttosto insolito, in un’Inghilterra dove la divisione di classe era così marcata, che questo movimento avesse portato insieme diverse donne: donne della classe alta, della classe media e del popolo. Si sono ritrovate insieme a lottare unite in questo movimento, e ci ha sorpreso tantissimo, andando a studiare i diari e le lettere di queste donne del popolo dell’epoca, ci ha colpito moltissimo leggere le loro storie. Sono le donne che hanno sacrificato di più, hanno perso di più, avevano molto più da perdere rispetto alle rappresentanti delle classi alte: ogni volta che partecipavano ad una dimostrazione, ad una manifestazione nelle strade, perdevano il lavoro, che rappresentava la loro vita, il loro sostegno economico. Quindi è veramente quello che abbiamo voluto fare, visto che perfino nei libri di storia si parla poco di loro, abbiamo voluto tirar fuori da quest’oscurità in cui erano cadute, proprio perché sono donne che più hanno contribuito a questa lotta.

suffraggette-film-carey-mulliganQuanto l’ottenimento del diritto di voto per le donne ha poi corso parallelamente con l’emancipazione delle donne anche in altri ambiti?

Sarah Gravon: Con l’approvazione della legge che conferiva alle donne il diritto di voto, quante cose sono cambiate! Dopo l’ottenimento di quel dirittto, sono state varate nuove leggi che hanno migliorato enormemente la vita delle donne, ad esempio le donne hanno acquisito diritti sui propri figli, cosa che prima non avevano, hanno avuto diritto ad essere membri delle giurie, a perseguire la carriera di avvocato, a ottenere dei diplomi, a studiare, anche avere il diritto sull’uso dei propri soldi, diritti che prima erano loro totalmente negati. È ovvio che ci sono ancora moltissime cose per cui bisogna combattere, ed è importante che più donne vadano in parlamento, in modo che più leggi saranno promulgate a loro favore. È anche vero che i giovani votano poco, invece devono votare, perché ad esempio, nel Regno Unito, l’affluenza alle urne delle donne è molto limitata, ma anche dei giovani in generale. È per questo che poi magari non vengono approvate leggi a loro favore, aumentano le tasse universitarie. Invece la classe dei pensionati, che si fa molto più sentire, ottiene molte più cose ed è molto più ascoltata dal governo.

Preparando Suffraggette si è posto il problema di farsi capire dai ragazzi di oggi, che danno per scontato tutto questo e che nei libri di storia non leggono minimamente di questa vicenda?

Sarah Gravon: I giovani erano proprio il nostro obiettivo, non volevamo fare un film in costume, un film d’epoca, che non parlasse di cose rilevanti oggi. L’importante era proprio che fossero temi rilevanti oggi, la cosa sorprendente e bellissima per noi nel Regno Unito è che molti giovani, quando il film è uscito, sono andati a vederlo ed è stato grandissimo il risconto sui social media. Su Twitter si sono innescate tante conversazioni politiche proprio su questo tema, sull’importanza di andare a votare.

Faye Ward: La cosa straordinaria del cinema è che può trascendere tutte le barriere generate dal genere, dalle differenze etniche, dall’età, ed è stato quindi possibile unire, nella discussione su questo film, persone in luoghi diversi, che possono essere le scuole, il parlamento. Le reazioni sono state enormi , c’è stato anche un bambino che ha scritto a scuola, dopo aver visto il film: “Cari genitori, ho deciso che dopo aver visto questo film voglio entrare a far parte della società delle femministe”. Adesso il movimento delle suffragette è entrato a far parte del piano di studi scolastico, quindi si studierà. Il potere del cinema è straordinario, può trascendere tutti questi limiti e creare un’unione.

Volevo sapere qualcosa sulla composizione del cast, sulla scelta delle attrici e, in particolare, sulla scelta di Anne-Marie Duff, che abbiamo visto in altri film, ma finalmente ha un bellissimo ruolo da co-protagonista.

Sarah Gravon: Abbiamo impiegato sei anni a scrivere la sceneggiatura, ma avevamo sempre presente Carey Mulligan per il ruolo di Maud, però non glielo abbiamo detto fino alla fine, fino a quando proprio non avevamo la sceneggiatura in mano. Quindi gliel’abbiamo mandata, e abbiamo pensato che senz’altro ci avrebbe risposto prima di un mese, invece due giorni dopo subito ci è arrivata la chiamata dall’agente e l’abbiamo incontrata. Nell’arco di quindici minuti, dopo che le abbiamo spiegato qualcosina, lei ha subito accettato. Quindi per noi è stato un sollievo enorme, dopo averla pensata per sei anni e abbiamo assemblato un po’ tutto il cast intorno alla sua figura. Helena Bonham Carter è stata la seconda, era senz’altro un’opzione per noi avvincente, però c’era anche un piccolo ma: lei ha un rapporto personale con il movimento delle suffragette, in quanto il suo bis-bis nonno era Asquith, proprio il Primo Ministro che è stato l’arcinemico del movimento femminista. Quindi pensavamo potesse avere qualche remora, invece Helena ha detto “Tesoro, come potrei non farlo?” e quindi ha accettato immediatamente.

Poi abbiamo pensato ad Anne-Marie Duff perché l’abbiamo ammirata moltissimo nel suo ruolo a teatro, è stata una grande Lady Macbeth, però raramente si vede in televisione. È un’attrice che ha una grande realtà nella rappresentazione dei suoi personaggi e ci piaceva mettere insieme questo cast che univa donne e attrici fra loro così diverse, con qualità così diverse, che riflettevano bene la diversità delle donne che hanno costituito il movimento femminista. Per il personaggio della Pankhurst, anche se in scena per pochissimi minuti, volevamo una figura, una star che fosse un’icona, proprio come è stata questa donna nel movimento delle suffragette. Ed è stata tra l’altro proprio la Mulligan a suggerirci il suo nome: Meryl Streep ha aderito subito, e questo probabilmente è un omaggio alla scrittura fantastica di Abi Morgan, la sceneggiatrice. Poi Meryl Streep è stata importantissima proprio perché è stata una grande sostenitrice del nostro film e la migliore amica che uno potrebbe avere per un film.

È stato un po’ più difficile trovare gli uomini per il film perché gli agenti dopo ci chiamavano e ci dicevano: “Ma non mi sembra che ci sia molto da fare in questo film” e noi gli abbiamo detto “Beh, benvenuti nel mondo che le donne hanno frequentato per cent’anni”. Comunque abbiamo avuto Brendan Gleeson, che subito si è calato nella parte del poliziotto, così come Ben Whishaw, nei panni del marito di Maud, quindi siamo state molto contente della nostra scelta.

Faye Ward: Voglio anche dire che siamo stati i primi ad avere il permesso di entrare nella casa del parlamento e non solo questo, ci è stato anche concesso di organizzare proprio questa rivolta governativa lì. È stata una giornata incredibile, c’erano 300 comparse, gli stuntman, i cavalli e c’era Helena Bonham Carter con sua madre e tutta la famiglia. In un certo senso, era come se il fantasma del suo antenato aleggiasse lì, sul set, e poi c’era anche Helen Pankhurst, la bisnipote di Emmeline, con sua figlia. Quindi non soltanto è stato un momento bellissimo per noi durante le riprese, ma è stato un momento importantissimo della storia, era come se questi due grandi antenati vivessero in quel posto dove si erano osteggiati, in perfetta armonia. Helena Bonham Carter è andata da Helen Pankhurst e le ha detto: “Mi scuso tanto”.

film-suffraggetteNel nostro presente abbiamo un’Europa che alza i muri e abbiamo una Gran Bretagna in cui si pondera la possibilità di uscire dall’UE. Si parla di diritti delle donne, ma allarghiamoci ai diritti umani: volevo sapere cosa ne pensate di questa situazione.

Sarah Gravon: Si fa un passo avanti e se ne fanno due indietro, non si arriva molto lontano. Sarebbe un grande disastro uscire dall’UE, c’è una grande forza nel restare all’interno dell’Europa. Credo che le donne debbano lottare insieme per i loro diritti, tutti devono lottare insieme per i propri diritti.

Faye Ward: Sono perfettamente d’accordo.

Cosa ne pensa dell’importanza di festeggiare l’8 Marzo? Inoltre vorrei chiedere una precisazione sul termine “suffragette”: come nasce?

Sarah Gravon: Il termine è stato coniato dal quotidiano inglese Daily Mail con connotazione spregiativa, mentre invece poi le donne se ne sono appropriate e hanno chiamato il loro stesso giornale “Suffragette”. Il Daily Mail aveva coniato questo termine per indicare le donne che, sotto la Pankhurst, avevano attuato i metodi della disobbedienza civile, in contrapposizione alle “suffragiste”, ovvero coloro che continuavano ad operare secondo vie costituzionali. Per quanto riguarda l’8 Marzo, penso che sia importante mantenerlo ogni anni proprio per le giovani generazioni, per mantenere questo vincolo con la storia, che si perde facilmente. È importante perché molte cose si sono ottenute, ma molte altre no: parità di stipendio, parità di rappresentanza, protezione dalla violenza sessuale. Sono temi su cui si deve continuare a discutere ed è importante che, per un giorno, la stampa sia tutta lì a parlare di questo, e i giovani sappiano cosa significhi.

In sala era presente anche Titti Carrano, avvocato e presidente dell’associazione Di.Re, uno dei centri anti-violenza sulle donne presenti in Italia. La Carrano ha presentato in breve la sua associazione e ha posto l’accento sull’importanza che si dovrebbe dare agli abusi ai danni delle donne e di quanto poco il governo si occupi di questo tema così delicato.

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